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La relazione di aiuto

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Carl Rogers, il fondatore del Counseling: “una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell’altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato. L’altro può essere un individuo o un gruppo. In altre parole, una relazione di aiuto potrebbe essere definita come una situazione in cui uno dei partecipanti cerca di favorire in una o ambedue le parti, una valorizzazione maggiore delle risorse personali del soggetto ed una maggior possibilità di espressione”.

 

In questo articolo mi pongo alcune domande insieme a voi.

Che cosa è una relazione di aiuto?

La relazione d’aiuto è un tipo particolare di relazione umana.

Così la definisce nel 1951 Carl Rogers, il fondatore del Counseling: “una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell’altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato. L’altro può essere un individuo o un gruppo. In altre parole, una relazione di aiuto potrebbe essere definita come una situazione in cui uno dei partecipanti cerca di favorire in una o ambedue le parti, una valorizzazione maggiore delle risorse personali del soggetto ed una maggior possibilità di espressione”.

Con C. Rogers e la nascita del Counseling si forma una visione antropologica ‘nuova’ dell’uomo e della relazione di aiuto.

Scrive Rogers :” […] l’uomo non ha semplicemente le caratteristiche di una macchina, non è semplicemente prigioniero di motivi inconsci; è una persona impegnata a creare se stessa, una persona che crea il significato della vita, una persona che incarna una dimensione di libertà soggettiva “ (C.Rogers – La terapia centrata sul cliente).

Emerge chiaramente che la presa di distanza del counseling di Rogers dai precedenti modelli non dipende tanto da un disaccordo circa gli aspetti teorici della relazione d’aiuto, ma da una diversa concezione filosofico-globale dell’uomo nel mondo: l’essere umano non è solo una macchina da condizionare, bensì un soggetto attivo, autonomo e responsabile, fondamentalmente libero di creare i propri sensi, significati, scopi e valori nella vita e che dispone in sé, almeno a livello potenziale, la forza necessaria a superare le difficoltà psicologiche-esistenziali-sociali che la sua esistenza nel mondo gli riserva.

Nella nuova visione antropologica indicata da Rogers, quello che spicca è il concetto di vita-in-relazione: noi viviamo solo se siamo “esseri nel mondo”, “esseri in relazione”.

Questa concezione di un soggetto attivo, libero, autonomo,responsabile, e corredato di un proprio potere personale per risolvere i suoi problemi dopo averne maturato piena consapevolezza, costituisce dunque l’antropologia che sta alla base di quelle caratteristiche di autonomia, responsabilità e libertà del cliente che sono le fondamenta del Counseling.

La relazione d’aiuto funziona nel momento in cui tra chi offre l’aiuto e chi lo riceve si instaura un legame di fiducia, perché è proprio questo legame che permette alla persona di aprirsi e di condividere con l’operatore  i personali vissuti.

Il legame di fiducia si svilupperà se il counselor sarà in grado di porsi in una condizione di ascolto empatico, di assenza di giudizio e di accettazione incondizionata.

Ogni persona ha l’occasione di imparare che cos’è l’ascolto empatico purché vi sia qualcuno che glielo offra. L’empatia è un fenomeno non solo mentale, ma che riguarda l’intera esperienza corporea, richiede un profondo contatto con sé stessi a livello sensoriale ed emotivo e la sua espressione interessa prevalentemente l’emisfero destro del cervello che è fucina della creatività.

Entrare appieno nel processo creativo induce la persona ad andare oltre ai suoi abituali orizzonti, trovare nuove risposte, fidarsi delle sue intuizioni e fantasie. Insieme al counselor, anche se in maniera diversa, l’esperienza creativa e di contatto diventa un nutrimento profondo dell’anima. Per il cliente l’ascolto empatico del counselor si trasforma in capacità di auto-sostegno, ma entrambi sono nutriti dall’essere profondamente immersi nel processo creativo di trasformazione nelle reciprocità.

Rare sono nella vita le soddisfazioni così profonde come quella di creare insieme.

Tale ricchezza di scambi, orientata al benessere della persona, può verificarsi pienamente solo se il counselor non trascura sé stesso, la sua crescita personale, il suo corpo, la fertilità della sua mente, la cura della propria sensibilità.

Il primario compito del Counselor consiste proprio nel ricreare le condizioni che facilitino lo sviluppo e la crescita della persona attraverso la creazione di un ambiente favorevole.

La creazione di un “atmosfera empatica” e l’alleanza, che il cliente percepisce e che crea il miglior ambiente possibile per il “setting”, costituisce la quintessenza del counseling psicocorporeo in quanto permette la realizzazione delle condizioni stesse che danno al cliente la fiducia nelle sue capacità risolutive, e che gli consentono di contattare la sua forza motivazionale.

Tutti questi passaggi non possono e non devono fermarsi tra le mura del colloquio, il circolo virtuoso comincia lì in quel punto per poi dipanarsi al di fuori, nella vita di tutti i giorni, e questo ha un grande potenziale di ricaduta sulla società.

 

 

Mi domando ancora: in una relazione di aiuto c’è chi dà e chi riceve?

Le ricerche oggi dimostrano ampiamente quello che molti autori  come Reich e Lowen già dagli anni 40 avevano rilevato attraverso il lavoro con il corpo nella loro preziosa attività clinica e teoretica. Il bambino dal momento in cui si ‘incarna’ nella vita è un soggetto attivo nella relazione con la mamma, ‘offre’ relazione e ‘crea insieme’,  ‘ crea con’ la mamma una relazione unica e originale.Il bambino’ è parte attiva della relazione anche se all’interno di un ruolo in cui esprime un ‘ bisogno vitale di aiuto’.

Questo è quello che accade anche nella vita adulta.

Credo fermamente che una relazione di aiuto sia ogni relazione umana, la relazione genitore – figlio, quella tra fratelli, la coppia , la relazione medico – paziente etc , in cui vi siano delle componenti di reciprocità e creativita’. Una relazione nella quale ognuno dà e prende, ognuno è parte attiva della relazione.

Accade anche nella relazione tra il counselor e il cliente.

Allora ‘chi aiuta chi’?

Enrambi i soggetti, contemporaneamente, nella relazione umana.

Ciò che cambia sono le ‘competenze di aiuto’.

La nostra visione psicocorporea della relazione di aiuto vede unire e integrare le istanze fondamentali di alcuni autori trasformandole in un approccio inedito in cui regnano, insieme a quegli aspetti condivisi nel counseling del rispetto, dell’accoglienza incondizionata, dell’ascolto empatico e del sostegno, alcuni elementi caratteristici:

la semplicità, vivere le esperienze e andare incontro alla persona con umanità;

L’alleanza operativa , un rapporto di collaborazione rispetto ad un obiettivo,  più spiccato nella relazione di counseling rispetto ad altre relazioni di aiuto;

La concretezza,  la via maestra per garantire la ‘centralità del cliente’, un’azione attiva verso le sue richieste esistenziali;

La creatività, un’opera di trasformazione in cui il cliente , insieme al counselor,coglie e inventa nuovi comportamenti e modalità, nuove risorse inaspettate. Creano insieme come un pezzo a quattro mani.

La visione intera della persona ‘Corpo Mente Relazione’. La persona è ‘tutto in uno’ .

Annamaria Napoletano

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