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Proseguire con la nostra vita

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PROSEGUIRE CON LA NOSTRA VITA 

di Annamaria Napoletano

“In questo periodo inaspettato, stiamo assistendo con il Coronavirus ad un fenomeno complesso: un’epidemia, una pandemia che parallelamente diventa anche pandemia delle notizie e pandemia delle opinioni, capace di generare stimoli controversi e veloci che coinvolgono non solo la nostra salute fisica ma – inevitabilmente – anche la nostra salute emotiva e mentale. Tutta la nostra salute.

“Parlare, parlare e parlare” significa inevitabilmente alimentare questo fenomeno e questa atmosfera, per cui ho preferito stare ai margini, in silenzio, e informarmi e leggere tra le righe. Quantomeno, ho cercato di evitare che le notizie potessero penetrare dentro di me oltre un certo limite.
Ritengo che in questo momento sia estremamente importante che ognuno di noi continui a pensare con la propria testa e che mantenga una propria centratura, indipendentemente da quello che sta accadendo intorno.

Il nostro mondo è oggi come un villaggio globale, in cui la comunicazione impera, con tutti i suoi vantaggi ma anche tutti i suoi svantaggi. E questa infodemia (un proliferare di notizie contraddittorie, di fake-news, etc) non rende facile preservare e mantenere un proprio spirito critico, che, pure, è un nostro diritto e soprattutto è un nostro dovere rispetto alla nostra salute.
E anche il Coronavirus può essere una conferma dei rischi e delle conseguenze della globalizzazione, che, forse, abbiamo lasciato proliferasse troppo indisturbata e ne paghiamo le conseguenze.

Dunque, è fondamentale proteggere il nostro campo dalle mille invasioni, garantirci una certa presenza, una calma; che non va confuso con superficialità o con una forma di minimizzazione dell’emergenza che si sta affrontando, ma una presenza che ci permetta di valutare quello che accade e di cercare di stare comodi anche in un campo teso.
Le neuroscienze affettive ci dicono che questo è quello che fa più bene al nostro sistema immunitario, al corpo, al cervello, alla psiche, al nostro mondo emotivo.

Non intendo scoraggiare nessun tipo di misura precauzionale, né il presidio sanitario che è più che dovuto; ma, mi riferisco a ciò che più mi compete, cioè la salute emotiva, l’equilibrio mentale, il benessere.
Come psicologa conosco bene l’effetto che l’angoscia ha sul nostro equilibrio.
Le neuroscienze ci indicano che abbiamo un sistema nervoso, centrale e periferico, simpatico e parasimpatico; due sistemi che servono per rispondere agli stimoli dell’ambiente, tra cui anche i pericoli e le minacce.
Quando stiamo bene e abbiamo un campo sicuro, quando la nostra percezione lo percepisce sicuro – che è ancora più importante della realtà oggettiva – ecco che usiamo la branca ventrale del sistema parasimpatico; che si collega al cervello del cuore, che a sua volta si collega alla corteccia prefrontale, e collega il sistema antico rettiliano e limbico. Questo significa che la persona è regolata non solo da un punto di vista emotivo e nervoso, ma anche da un punto di vista ormonale e immunitario; dunque, è capace di continuare a riflettere.
Il che vuol dire che non entra in paranoia, in una dinamica di fuga o di aggressività a seconda dei casi; che è capace di portare avanti lo stesso la sua vita, capace di proteggersi con equilibrio.
È una persona che ha una maggiore possibilità di essere resiliente, cioè che ha la forza, la capacità necessaria per affrontare l’emergenza, flessibile anche di cambiare i ritmi senza scompaginare il proprio equilibrio.
Questo non è solo un’esperienza psichica, ma anche fisica: la pressione, la frequenza respiratoria, i suoi ormoni, i suoi peptidi, la chimica del suo corpo si preserva.

Nella moltitudine di notizie allarmanti e di opinioni che si moltiplicano, in cui il male ha un fascino, la catastrofe attira, ed eccita le parti più antiche del cervello, la cosa migliore che possiamo fare per contribuire alla nostra protezione attivamente è di cercare una sicurezza interiore, è di cercare di preservare nonostante tutto un campo sicuro dentro di noi che, per quanto teso, riesca ad offrirci un qualche spazio di calma.
Se questo non accade i nostri sistemi più arcaici – il sistema limbico e rettiliano – cominciano a dominare non solo la nostra psiche, i nostri comportamenti, ma anche la nostra fisiologia.
Il sistema limbico collegato alla parte impulsiva di noi, cioè ai meccanismi di attacco e fuga, fa sì che guardiamo continuamente l’Ansa, le ultime notizie, ci fa attivare una dipendenza dalle informazioni e ci tiene nella paura.
Il sistema rettiliano fa sì che regrediamo ad un livello di coscienza nel quale conta solo la sopravvivenza, ed assistiamo a quelle scene in cui le persone assalgono i supermercati.
Entrambi i sistemi vedono il mondo come una giungla piena di nemici e come un competitore per la sopravvivenza.

Quindi, in questa situazione non facile, se ci facciamo raggiungere e invadere dagli allarmismi senza porre quel limite che non è negazione ma è libertà di valutare quello che accade e iniziamo a funzionare con il cervello antico che ci induce alla paranoia, all’aggressività, alla paura che diventa angoscia, alla psicosi, viviamo un’esperienza che ci isola, ci stacca dalle relazioni; ci focalizza sulla sopravvivenza e non sull’esistenza e non ci permette più di vedere la bellezza, né di cercarla. E ci ritroviamo a stare più nella logica del bisogno che del desiderio; tutto questo – ancora una volta le ricerche ce lo confermano – riverbera soprattutto sul sistema immunitario.
L’isolamento sociale peggiora il nostro sistema immunitario, la paura innalza i livelli di cortisolemia, che produce uno stato infiammatorio e così via; è quindi il momento di preservare un campo sicuro dentro di noi, che sia fatto delle cose importanti della nostra vita, della nostra quotidianità, delle nostre passioni, delle relazioni significative, di un po’ di bellezza.

Il mio invito è di accogliere la vulnerabilità che stiamo vivendo, di rimanere connessi con la nostra vitalità e di proseguire con la nostra vita.

 

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